La vera storia dell’Amatriciana: da Amatrice a Roma passando per Rieti

Eccoci di nuovo qui, alla Rubrica di Sapere & Sapori. Questa settimana spaghetti-smart-amatricianavoglio parlarvi della vera storia di uno dei piatti italiani più famosi, cercando anche di sfatare qualche mito a riguardo: sto parlando dei “bucatini all’Amatriciana”.

Prima però di addentrarci nelle caratteristiche vere e proprie di questa ricetta, tanto semplice quanto dibattuta, è bene dare anche uno sguardo storico alla sua genesi.

Un po’ di storia
Prima degli anni ’60, il contesto urbanistico italiano era molto diverso da transumanzacome lo si trova oggi. Le campagne e le zone rurali erano vive e rigogliose. L’uomo viveva a contatto con la natura tutta la sua vita, da essa traeva i suoi frutti e l’economia agricola non era nient’altro che un’attività di sussistenza.

L’agricoltura comprendeva sia la pastorizia (quindi allevamento di bestiame, soprattutto pecore) sia di coltivazioni (a fine domestico).
Proprio a riguardo della pastorizia, non era raro che il pastore (di pecore) esercitasse la transumanza.

La transumanza è un tipo di pascolo ovino strettamente dipendente transumanzadall’andamento delle stagioni. L’inverno, a causa delle temperature molto basse e quindi di una praticamente assente nascita di erba, portava i pastori a spostarsi dalle zone montane/collinari alle zone più temperate, vicino alla costa.

Nel corso del loro viaggio, si cibavano di quello che trovavano. Cucinavano all’aperto e dormivano in rifugi occasionali.

Ovviamente, essendo poveri, il piatto più ricco che si potessero permettere era la polenta.
Questa veniva condita con ciò che capitava loro tra le mani. Non esisteva l’olio, si usava il grasso animale, ad esempio quello di una pecora morta polenta-con-guancialeper cause accidentali (non potevano uccidere il loro gregge, era la loro unica fonte di sussistenza), da cui poi traevano anche arrosticini, costarelle, ecc.
Spesso capitava, nel periodo compreso tra gennaio e marzo (periodo in cui si macellano i maiali) che venissero in possesso di qualche pezzo di carne di maiale. Sempre per motivi economici, l’unica parte del maiale che si potessero permettere era quella considerata meno pregiata, più povera, che durante la macellazione veniva scartata: la guancia. Da qui il nome “guanciale”.

Quindi, il vero piatto, antenato, dell’Amatriciana non era nient’altro che la polenta con il guanciale e unta col suo stesso grasso. Se ne avevano possibilità, lo condivano con del buon pecorino (guarda caso formaggio di pecora) stagionato.

Con l’arrivo degli anni ’60 (ma si hanno testimonianze già dalla fine del XVIII secolo) l’avvento dell’urbanizzazione, l’abbandono delle campagne e della pastorizia, il buon piatto presente nella tradizione contadina fin da tempi antichi, si è modificato. La polenta ha lasciato il posto alla pasta confezionata del supermercato, cambiando così anche il nome. Questo nuovo piatto, condito solo con guanciale e pecorino, viene tutt’oggi chiamato in dialetto reatino, “La gricia” (o griscia, forse derivato dal nome di una frazione del comune di Accumuli, vicino Amatrice: Grisciano). Purtroppo è poco conosciuta.

Di lì a poco, nel corso degli anni ’60, un cuoco (forse – le fonti sono poco amatricechiare) di Amatrice, per dare ancora un tocco di innovazione e modernità alla ricetta, aggiunse il pomodoro e scelse un particolare tipo di pasta, propria di quelle zone: i bucatini.

In realtà, però, la prima testimonianza scritta dell’uso della salsa di pomodoro per condire la pasta si trova nel manuale di cucina “L’Apicio Moderno”, scritto nel 1790 dal cuoco romano Francesco Leonardi.
Nell’Ottocento e sino a metà del Novecento, la popolarità della pietanza a Roma si accrebbe considerevolmente. Questo avvenne a causa degli stretti contatti, come detto sopra, tra Roma ed Amatrice proprio attraverso i pastori transumanti.

È proprio questa la causa principale di tutti quei miti e quelle “leggende metropolitane” cresciute attorno alla ricetta vera e propria Amatriciana. In realtà non si riesce a darle una nascita precisa, si sa però per certo che è, come la maggior parte delle pietanze conosciute oggi, di derivazione contadina.

Domande frequenti

La vera Amatriciana, è con o senza cipolla?
Rigorosamente legata alla tradizione, la mia risposta non può essere altro che negativa nei confronti della presenza della cipolla. Come abbiamo detto sopra, il pastore non solo non poteva permettersi di comprare più ingredienti possibili, ma per di più non aveva nemmeno la possibilità di coltivarla. La vera Amatriciana è rigorosamente senza cipolla.

Guanciale o pancetta?
A questa domanda potrei anche non rispondere, però è ovvio che nella ricetta originale è presente solo ed esclusivamente il guanciale.

Quale tipo di pasta è preferibile usare? Bucatini, spaghetti o rigatoni?
L’Amatriciana fu estremamente bene accolta a Roma e, anche se nata altrove, venne rapidamente considerata un classico della cucina romana. Se quindi ad Amatrice vi potranno offrire anche i rigatoni, a Roma faranno solo i bucatini, come è stata ribattezzata nella Urbe.
Sconsiglio comunque vivamente gli spaghetti. Il fatto che siano fini e lisci non permette loro di trattenere bene il sugo, che scivola via e rimane sul fondo del piatto.

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